martedì 14 marzo 2017

A Cinquecento anni dalla Riforma di Lutero - Il cammino di dialogo fra luterani e cattolici

Cari compagni,
martedì 14 marzo, noi ragazzi del triennio abbiamo partecipato ad una interessante conferenza su  Martin Lutero: abbiamo ascoltato diversi punti di vista su un argomento di grande importanza. I relatori erano Patrizio Foresta responsabile del Reformation Research Consortium,  monsi-gnor Franco Buzzi prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, Luca Baratto pastore della chiesa evangelica valdese, Umberto Mazzone professore di storia del cristianesimo e delle chiese e Mimmo Muolo  giornalista dell’Avvenire, che era il mediatore. All’inizio della conferenza abbiamo visto un video che riassumeva una parte della storia del luteranesimo, in particolare sull’affissione delle novantacinque tesi. Su quest’ultimo argo-mento si è concentrato molto il relatore Patrizio Foresta che, secondo me e i miei compagni, è stato il più interessante. Ha saputo catturare la nostra attenzione e mantenerla nel tempo con una presentazione molto originale che si concentrava principalmente sulla veridicità del mito dell’affissione e della sua data. Foresta ci ha spiegato che all’epoca era normale porre comunicazione sulle porte delle chiese e che dopo l’affissione delle tesi di Lutero non ci fu subito una grande affluenza, come spesso è rappresentato in opere d’arte, tutt’altro; la popolarità è dovuta in parte alla stampa (inventata nel 1456 da Johann Gutenberg). Inoltre con una simpatica immagine di Martin Lutero sotto forma di giocattolo lego che affligge le tesi, ci ha dimostrato quanto questo mito sia tutt’oggi sentito in Germania. Le attuali ricadute del Luteranesimo ci sono state spiegate dal pastore che principalmente, confrontandosi con il monsignor Buzzi, ci ha illustrato le differenze fra un pastore luterano e un prete cattolico. Il suo intervento ci è piaciuto particolarmente perché ci ha dimostrato una delle tante differenze fra il luteranesimo e la nostra religione. I due relatori che vi ho citato sono quelli che hanno colpito di più me e i miei compagni, senza togliere nulla al professor  Mazzone che ha spostato la questione su un punto di vista storico e al monsignor Buzzi che, essendo l’ultimo, ha tratto le fila dei discorsi fatti precedentemente. Inoltre voglio citarvi anche il mediatore che è stato molto bravo: ha saputo dare a tutti i relatori il giusto spazio e i giusti spunti di argomentazione.
Questa conferenza è stata molto utile e interessante perché ci ha aiutato a capire ancora meglio un argomento di grande importanza, ci ha mostrato una parte delle conseguenze pratiche di ciò che abbiamo studiato sui libri e ci ha dato molti strumenti per capire meglio il Luteranesimo, corrente religiosa ancora oggi molto presente in Italia.
 
di Valeria Villani      


martedì 14 febbraio 2017

L’Istituto De Merode riconosciuto “House of life”

Ci uniamo alle celebrazioni per il nostro grande passato, fatto di umanità e cooperazione. In ricordo di tutti coloro che hanno creduto nell'uomo e nel valore della vita.
 
Il nostro istituto riconosciuto "House of life"
Sono i testimoni come Gianni Polgar, all'epoca delle persecuzioni un bambino di sette anni, a ricordare come nell'ottobre del 1943 abbia trovato rifugio e protezione nel Collegio. Tanta è la commozione mentre rivolge la sua gratitudine ai frères che hanno salvato la vita a lui e a suo fratello.
Tra i presenti alla cerimonia  Ruth Dureghello Presidente della Comunità Ebraica di Roma, e Sandro Di Castro, Presidente del B’nau Brith di Roma. «L’Istituto De Merode è sempre stato un centro di crescita culturale, attento soprattutto alla cura delle persone e quindi aperto a tutti. Ottimi i rapporti di stima ed amicizia da sempre con la Comunità ebraica di Roma», ha sottolineato il nostro direttore fratel Alessandro Cacciotti, ricordando tra gli studenti annoverati nel Collegio anche Carlo Lizzani e Davide Limentani. «Anche oggi esistono discriminazioni e persecuzioni, da quelle più brutali a quelle più sottili, come le varie forme di bullismo. Schierarci con coraggio con i più deboli ed indifesi». «Possa la testimonianza di Fratel Sigismondo e dei freres – ha concluso fratel Robert Schieler, Superiore Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane – ispirare tutti noi ad essere strumenti di pace».
 
 

houses-of-life-roman-catholics-who-saved-jews

giovedì 15 dicembre 2016

Il Rock siamo noi - La nascita del Rock: ELVIS PRESLEY

In questa rubrica mi prefiggo di parlare, facendo approfondimenti, della mia grande passione: il rock.
Questo genere nasce negli anni ‘40 e ‘50 del secolo scorso da origini blues, country, folk, jazz e boogie-woogie.
Il pioniere di quello che possiamo definire Rock n’roll è Elvis Presley. Soprannominato appunto “Il re del Rock n’roll”, Elvis è stato sicuramente un personaggio incredibile e rivoluzionario, poiché ha contribuito a gettare le basi del rock moderno, il che lo rende a tutti gli effetti un’icona.
 
 
Oltre al talento musicale Elvis era caratterizzato da una grande presenza scenica e da una mimica intensa, che hanno influenzato profondamente la cultura non solo statunitense, ma di tutto il mondo. Il suo famoso soprannome di Elvis the Pelvis ("Elvis il bacino") gli fu attribuito proprio per via dei movimenti oscillatori e rotatori del bacino che caratterizzavano le sue esibizioni sul palco.
Il suo stile unico ed innovativo ha ispirato molti cantanti: in Italia il suo stile fu seguito, e spesso imitato, da Adriano Celentano, Little Tony e Bobby Solo. In ventiquattro anni di carriera ha pubblicato 61 album, vendendo oltre un miliardo di dischi in tutto il mondo e conquistando il record di dischi venduti da un solo cantante (condiviso con i Beatles e Michael Jackson). Apparve inoltre in molti film.
Prigioniero del suo personaggio adottò uno stile di vita stravagante ed esagerato, ma nella sua vita privata era sempre più solitario e complessato. A causa dei suoi eccessi perse la forma fisica per la quale era divenuto famoso e divenne quasi obeso; iniziò quindi a fare uso di psicofarmaci, prendendoli spesso in dosi eccessive. Morì nel 1977 per un attacco cardiaco, a soli quarantadue anni, nella sua residenza fiabesca di Memphis, Tennessee.
 
 
di Umberto “The Xavier” Giustozzi

 

sabato 10 dicembre 2016

Turisti a Roma

Ci sono città che visitiamo per la prima volta e, presi dalla voglia di vedere tutto, visitiamo l’intera metropoli, o cittadina, in un batter d’occhio. Vediamo tutto senza vedere niente.
Una volta finito il viaggio torniamo a casa e, in aereo, in treno, insomma, a bordo di qualsiasi mezzo stiamo usando per tornare indietro, iniziamo a pensare al nostro viaggio, rendendoci conto che, effettivamente, non ci ricordiamo quasi nulla. E allora prendiamo il telefono, cercando di ricordare tramite qualche foto scattata all’ultimo secondo l’intero viaggio, e notiamo quel fiore nell’angolo che non avevamo mai visto prima, quel passante che, come noi, stava facendo una foto. Magari anche lui senza vedere il soggetto che stava fotografando.
Sfogliamo tutto, foto per foto, e capiamo che abbiamo fotografato tutto, ma non ricordiamo niente. E ci sale quel senso di nostalgia, quella nostalgia che si prova quando ci innamoriamo di qualcosa che non abbiamo mai visto dal vivo, come nel caso della nostra amata tappa turistica.  Vogliamo tornare indietro, rivivere tutto, ma questa volta vivere veramente quell’esperienza, ma ormai è troppo tardi, la città è troppo lontana e tornare indietro costa troppo.
E allora perché, noi, cittadini di Roma, che abbiamo una (se non “la”) delle città più belle del mondo a disposizione, non la visitiamo da turisti?
Ma non come i turisti che fotografano senza fotografare, che vedono senza osservare. Ma come quei turisti con la fotocamera in mano, che immortalano un momento particolare, dopo aver osservato a lungo il soggetto, il paesaggio.
Che visitano un monumento, un museo, dopo averlo studiato, dopo aver capito la mostra, la sua storia.
Quei turisti che guardano per bene prima di decidere se la città gli piaccia o meno. Ma da turisti, non da cittadini che, nonostante abbiano a disposizione una delle città più vecchie, non vanno mai a visitare un museo, a cui piacciono sempre le città altrui nonostante non sappiano quello che c’è nella loro.
E allora, almeno una volta, entriamo in quel museo davanti al quale passiamo sempre; compriamo quella guida alla città di Roma; visitiamo Roma durante le vacanze, non rimaniamo dentro casa a guardare da lontano San Pietro, andiamo a visitarla.
E proviamoci allora, imponiamocelo come obbiettivo.
Fotocamera in una mano, guida nell’altra, viviamo Roma.
 
Di Flavia Gatti

mercoledì 7 dicembre 2016

L'angolo dei fossili - Il DIPLOCAULUS

Il DIPLOCAULUS
(275-252 MILIONI DI ANNI FA)

SPECIE: Diplocaulus salamandroies
FAMIGLIA: Nectridea
DIMENSIONI: 1 m
AREALE: America del Nord e Marocco
 
 


Risalente al Permiano superiore (295-250 milioni di anni fa), il Diplocaulus era un anfibio salamandriforme, il cui nome fa riferimento alla bizzarra forma del cranio. Considerando le protrusioni ossee ai lati di questo si può presumere che l’animale avesse una testa a forma di boomerang. Si è avanzata l’ipotesi che la forma insolita offrisse una maggiore protezione contro i predatori come il Dimetrodon, perché più difficile da agguantare, ma la forma a freccia poteva anche essere un valido aiuto per scovare prede nascoste nel fango, oppure agire come una specie di aliscafo favorendo il nuoto.  
Era uno degli anfibi più grandi del Permiano, e spesso raggiungeva il metro di lunghezza. La testa del Diplocaulus adulto misurava circa 30 cm di larghezza mentre non era particolarmente allungata. Gli arti corti, la struttura della spina dorsale e la forma piatta del corpo indicano che l’animale trascorreva la maggior parte del tempo in acqua, muovendo il corpo lateralmente per spingersi lungo i letti rocciosi di fiumi e acquitrini. Un suo perente stretto era il Diploceraspis con una testa molto simile ma con corna più allungate e sottili.

di Marco Panzironi
 

lunedì 28 novembre 2016

Caro diario

28 novembre 2016
Caro diario, 
innanzitutto ben arrivato. Sei l’erede di migliaia di meravigliosi soldati che hanno dato la propria vita, o meglio, le proprie pagine, per conservare tutte le avventure, che anche tu presto ascolterai. Non so quanti anni hai, sulla copertina è impresso l’anno 2016/2017, ma non sono sicuro che tu sia realmente così giovane: se tu lo fossi, beh, significherebbe che non potresti capirmi fino in fondo. Di me non ti serve sapere nulla: caratteristiche fisiche e aspetto non hanno importanza, mentre per quanto riguarda il resto… non temere, avrai tempo per conoscermi. Per ora, ti basti sapere che ho sedici anni. Eh già, sono uno dei più sfortunati esponenti della tanto rimpianta cosiddetta “adolescenza”, altrimenti conosciuta come “rottura di scatole galattica, alla quale prima o poi siamo tutti costretti a partecipare”.
La mia è l’età dell’insicurezza, della gioia infinita, dei pianti colossali, delle dormite in classe, delle interrogazioni scampate, delle nottate passate in piedi a studiare e dei pomeriggi passati a guardare la pioggia fuori dalla finestra perché “il mondo fa schifo e io ci sto dentro”. Tu, forse, non capisci, perché, a meno che tu non sia un adulto sensibile, cosa difficile da trovare oggi giorno, devo ammetterlo, o un bambino prodigio, le probabilità che tu abbia la mia età sono assai scarse, una su trecentocinquantaseimilioniquattrocentoventisettemila per la precisione. Ma se tu, per un caso o un miracolo, avessi proprio la mia stessa età e fossi nato proprio tra il 1997 e il 2003, mi capiresti sicuramente. Eh già, perché noi adolescenti, seppur per motivi diversi, passiamo tutti la vita a soffrire per qualcosa. Il nostro è un mondo di oppressi, che talvolta si fingono oppressori, per imitare il modo in cui si comportano con loro i cosiddetti “adulti di riferimento”, alias “quei rompiscatole di mia madre e di mio padre”. Leggendo ciò potresti pensare che io sia tale e quale a loro, i genitori, che, invece di darsi la colpa per quello che ci hanno fatto, la danno ad altri: quasi sempre a noi; talvolta ai professori, che poi la danno a noi e fine dei giochi; e, per la maggior parte delle volte, a “questa società corrotta da politici corrotti, che vi insegna a stare sempre con quei cosi in mano…”.
 Io però non penso che i “bulli” non abbiano la responsabilità delle proprie azioni: come ho scritto prima, soffriamo tutti per qualcosa. I bulli lo sanno. Lo sai perché ci risulta così difficile denunciare un “atto di bullismo”? Non per la paura, con quella siamo abituati convivere fin da quando siamo nati, tra assassinii, minacce, attacchi terroristici e confische dell’iPhone. E neanche perché non vogliamo mostrare la nostra fragilità e cavolate di questo genere che dicono gli psicologi, quando i nostri genitori ci portano da loro dicendo in tono malinconico: “Mio figlio ha dei problemi” mentre noi ci andiamo solo perché ci hanno promesso la giustifica per l’interrogazione di greco. La verità è che ci vergogniamo di condannare qualcuno che, in fin dei conti, sta duemila volte peggio di noi. Perché noi lo sappiamo perché quel ragazzo, o ragazza, ci sta trattando così: probabilmente quando torna a casa non c’è nessuno ad aspettarlo, a chiedergli se a scuola è andato tutto bene, a cercare di capire se poi quella famosa giustifica di greco era servita a qualcosa. Noi sappiamo che quel ragazzo riceve a malapena un sms malinconico che dice: “Fai i compiti, torno tardi”. Forse, neanche quello; forse, viene lasciato ad un cupo silenzio, pieno di parole non dette, a rimuginare su quel brutto voto che ha preso in latino (perché è matematico che, se hai la giustificazione in greco, poi quella ti interroga in latino) e a cercare un modo per dirlo ai genitori, perché si vergogna, ma, allo stesso tempo, non vede l’ora che loro gli facciano la solita ramanzina, perché, almeno per una volta, significa che si stanno preoccupando di lui.
Ti voglio svelare un ultimo segreto per oggi: lo sai cos’altro sanno gli adolescenti? Sanno che la peggior forma di oppressione è la noncuranza.

Adesso devo andare; mamma è appena tornata e vorrà sapere del maledetto 4 in matematica che ho preso oggi, con tanto di complimenti della professoressa: “Tu”, ha detto, “ la matematica non sai proprio dove sta di casa!”. Io non so neanche dov’è la mia di casa, figurati se so dove abita la matematica!
Comunque scialla, tutto passa, e domani è un altro giorno.

XOXOXOXO,
                                                                                                                                                 
H.C.

mercoledì 8 giugno 2016

lunedì 30 maggio 2016

Mostra d'arte a cura della Bottega d'Arte della professoressa Valentini

Quella che si inaugura oggi è una mostra tutta da gustare. Sono i dipinti di noi studenti ad essere esposti alla fine di un lungo percorso di esplorazione artistica. Ringraziamo la professoressa Valentini che ha reso possibile tutto questo.
 
La Redazione e i ragazzi della Bottega d'Arte 


                                     




venerdì 27 maggio 2016

Redazione + Redazione = grande collaborazione

 
Oggi abbiamo incontrato i nostri amici di Web Edicola, di ritorno da Cesena, dove hanno ricevuto il premio conferitogli dall'Ordine Nazionale dei Giornalisti in occasione della vittoria nel concorso "Fare il Giornale nelle Scuole". Per noi è stato davvero emozionante osservare i piccoli giornalisti in erba nel loro centro di comando: per quanto le nostre redazioni oggi fossero entrambe dimezzate, l'euforia e l'entusiasmo hanno animato il pomeriggio, tra reciproche interviste e scambi di consigli.  Ringraziamo i maestri Luigi Cioffi e Aleardo Marco Giovannangelo e tutti i ragazzi della redazione per la loro accoglienza: ci siamo davvero sentiti a casa.  L'appuntamento è per settembre: per un futuro all'insegna della collaborazione.

 
La Redazione

martedì 3 maggio 2016

Gita di redazione al centro di produzione Mediaset

Eccoci qui, di ritorno dalla nostra prima visita ufficiale come redazione. Oggi siamo andati a visitare il centro di produzione Mediaset del Palatino. Il posto è bellissimo, immerso nel verde di
Villa Celimontana e contornato da resti archeologici millenari. Senza dubbio ha il suo fascino e quello che abbiamo trovato all'interno non ci ha certo deluso. Con molta discrezione abbiamo avuto accesso al sancta sanctorum della produzione televisiva. I due studi, semplicemente straordinari: ogni oggetto ha una sua funzione specifica e una notevole versatilità.
Luci, suoni, supporti video: tutto cospira per realizzare un prodotto unico. Abbiamo scoperto anche
alcuni piccoli segreti dei nostri telegiornali; non sapevamo che i giornalisti avessero un metodo tutto nuovo per preparare e montare i servizi prima della messa in onda grazie all'aiuto di un programma nuovissimo che, direttamente dal pc che si trova in studio, velocizza e semplifica i passaggi del montaggio. E poi la sala di regia: un vero e proprio centro di comando dove vengono mandati in onda senza sosta e contemporaneamente i principali programmi di tutti i canali nazionali.Certamente il luogo che ci ha colpito di più è stata la redazione: un grandissimo open space dove ogni giornalista lavorava al proprio pezzo con grande cura. Un alveare silenzioso decisamente operativo che ci ha insegnato come tutto possa funzionare per davvero e regalare grandi soddisfazioni se si fa un gioco di squadra. 
Siamo grati per questa esperienza che ci ha permesso di riflettere e fare qualche piccolo passo in più nel nostro lavoro.

La Redazione

martedì 19 aprile 2016

Il fu Mattia Pascal

E a chi non piacerebbe un'altra opportunità? Poter ricominciare da zero? Un nuovo nome e una nuova vita?, lasciare tutto indietro...
Mattia Pascal ricevette qualcosa che gli permise di scappare dalla sua vita: qualche notte a Montecarlo e il bacio della Fortuna, lì egli giocò alla roulette, fu come se qualcosa di divino volesse la sua vittoria. I soldi vinti tra il nero e il rosso e il verde e i pari e i dispari e tanti numeri gli permisero di cominciare una nuova vita, lontano dalle sue disgrazie e dal suo triste matrimonio. Ma questi soldi non sarebbero serviti a niente senza un altro colpo di fortuna, l'unico motivo per il quale egli non fu mai cercato... La Fortuna gli concesse la sua morte, e solo con la morte poteva vivere di nuovo.

Di Sebastian Loayza Raggio

Torneo di calcetto del triennio

FINALE: IVSc.B-VSc. Nella finale del torneo il IV Scientifico B asfalta con un sonoro 10-0 gli avversari del V scientifico. Si conclude così un campionato avvincente nel quale la squadra di Del Gallo e compagni ha dominato senza essere mai contrastati, mostrando tenacia, solidità e una grinta... 

SEMIFINALE: VSc.B-VSc. Nel altra semifinale il derby dei quinti scientifici se lo aggiudica la squadra di Alberto Falcone ai danni della squadra di Vincenzo Palermo. Partita tiratissima e tesissima, decisa da una rimonta incredibile del V Scientifico che si impone ai rigori. È stato fatale... 

SEMIFINALE 4Sc.B-VCl. Nella semifinale fra il 4sc. B e il V Classico ha avuto la meglio la squadra del capitano Edoardo De Vincenzo di fronte a quella del capitano Oscar Martinelli (causa assenza di Bruno Altiero) la partita è terminata 11-3 . Da segnalare l'ottima prestazione di Paolo... 



Di Veronica Palombo


lunedì 18 aprile 2016

Un pomeriggio alla Bottega d'Arte

Abbiamo trascorso un pomeriggio alla Bottega d'Arte della professoressa Valentini. Ci è sembrato davvero molto stimolante partecipare a tutte le attività che si svolgevano contemporaneamente nello stesso laboratorio: i ritratti e disegni geometrici, le copertine delle tesine della maturità e il corso di bella grafia. Abbiamo apprezzato davvero molto l'impegno della professoressa e tutta la sua dedizione e non vediamo l'ora di ammirare i bellissimi lavori che arricchiranno la prossima mostra. 

La Redazione 







mercoledì 23 marzo 2016

Una Canción Desesperada

Chi non ha mai sentito parlare delle poesie di Neruda? Poesie d’amori folli e disperatistorie d’amanti e cuori spezzati, versi nostalgici e sonetti infiniti.
Tutto in te fu naufragio! Canta il poeta alla donna amata mentre la ricorda tristemente nella freddezza della notte, lui l’amò e l’amerà per sempre e questa sarà la sua condannaquesto eral'amore per Neruda: sentire e soffrire e soffrire ancora, ma amare e non smettere mai d’amare. 
La donna amata è il mare che fa naufragare il poeta nelleterna disperazione e lo lascia perso in mezzo al nulla con le sue disgrazieIl mio desiderio di te fu il più terribile e breve”.
Alla fine del poema il poeta decide che è l'ora di partire, deve andare via, deve lasciare il passato, ma allo stesso tempo che “tutto in lei fu naufragio!”

Di Sebastian Loayza Raggio

venerdì 11 marzo 2016

William Cullen Bryant and The Prairies

D’improvviso, soffia un vento più fresco e infrange il mio sogno e solo mi ritrovo nella terra selvaggia”, d’improvviso… chi se lo sarebbe aspettato? Sognando tra gli alberi, tra gli animali, vicino all’acqua che scorre portando i pesci chissà dove, senza sapere se arriverà una tempesta o cadrà la notte, tra suoni sublimi e immensi, canti d’uccelli celestiali e ruggiti tranquillima svegliare un poeta lo poteva fare solo il Vento. D’improvviso il poeta ritrovò la Natura, si svegliò da un sogno infinito nel quale aveva conosciuto i segreti del tempo e del passato, Cullen Bryant scoprì l’eternità… e chi non vorrebbe farlo?

di Sebastian Loayza Raggio

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